I Centri Antiviolenza dell’Umbria “Catia D. Bellini” di Perugia e “Liberetutte” di Terni esprimono il loro profondo disappunto e rammarico per la stesura definitiva del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere previsto dal Ddl sul Femminicidio (articolo 5, legge n.119 del 15/10/2013).
I centri antiviolenza sono istituzioni “altre” che da tempo lavorano per il sostegno di tutte le donne ed il lavoro di accoglienza e solidarietà mutualistica delle donne vittime di violenza. Le politiche del governo Renzi sono intervenute su un tema delicato ed importante come quello della violenza bypassando anni di esperienza e di sapere accumulato dai Centri e da quelle associazioni che costruiscono la rete attiva di intervento per la tutela e la promozione dei diritti delle donne stesse. Riteniamo, così come indicato dal comunicato del coordinamento dei Centri DIRE, che il nostro compito sia quello di demistificare un piano che presenta troppi aspetti problematici e che non condividiamo. Il nostro lavoro rischia di essere vanificato, a causa della distribuzione caotica e irrazionale delle risorse, che vede destinate ai Centri cifre irrisorie; d’altra parte la frammentazione dei finanziamenti si coniuga con un grande progetto di governance centralizzata -con compiti di coordinamento delle Regioni- che ha tutto l’aspetto di un intervento paternalista in cui alle donne viene, di fatto, disconosciuta la possibilità di essere soggetti attivi libere di scegliere, libere di agire.
Prendiamo ad esempio il Codice Rosa previsto negli ospedali del territorio nazionale, si corre il rischio di continuare a produrre l’immagine della donna non soggetto, ma esclusivamente vittima. Nel caso dell’Umbria, abbiamo recentemente firmato un protocollo che prevede la presenza di operatrici CAV nei pronto soccorso di alcuni ospedali della regione, operatrici in grado di accogliere i bisogni delle donne in termini di cura, sostegno e solidarietà mutualistica. Tale progetto prevede la presenza delle operatrici dei Cav solo per poche ore alla settimana. per questo sarà nostro compito e impegno politico alla fine della sperimenttazione, che avrà la durata di un anno dall’attivazione degli sporteli, impegnarci affinchè non rimangano solo una serie di procedure burocratiche.
Pensiamo che siano da privilegiare i tempi della formazione per tutte le operatrici e operatori dei servizi in grado di porre le basi per un cambiamento dell’approccio culturale che vada ad intaccare la radice del sessismo presente nella nostra società e nelle istituzioni stesse, e che al contrario le politiche di emergenza possano attivare macchinoni propagandistici ma che nascondono gravi e pericolose incompetenze.
Condividiamo inoltre con il DIRE e con altre associazioni tutte le preoccupazione e le perplessità sulla decisione cancellare dal piano la funzione dell’Istat e di fare una “banca dati” per il monitoraggio del fenomeno della violenza che verrà data in appalto a da enti privati. Ci pare ancora una volta che la delicatezza della questione avrebbe avuto bisogno di una attenzione diversa utile alla costruzione di un piano di lavoro di ricerca efficace e adeguato alla importanza del fenomeno e dei problemi ad esso connesso. Per parlare della nostra sfiducia al Piano nazionale antiviolenza e per potere reagire insieme invitiamo tutte le donne e le associazioni di donne a partecipare ad una assemblea pubblica che a breve verrà indetta.
La lotta per i diritte delle donne e per l’autodeterminazione non si ferma.
Centri Antiviolenza di Perugia e Terni